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I cani capiscono i nostri complimenti?

I cani non parlano ma il loro cervello risponde alle lodi e agli apprezzamenti proprio come il nostro. Una scoperta che dimostra che il linguaggio umano ha profonde radici evolutive.

DI VIRGINIA MORELL

pubblicato 12-01-2024

I cani capiscono i nostri complimenti?

I cani, che si sono evoluti al fianco dell’uomo per 10.000 anni, sono particolarmente sintonizzati sulle nostre emozioni.

FOTOGRAFIA DI MARK THIESSEN, NAT GEO IMAGE COLLECTION

Chiunque abbia un cane sa che pronunciare la parola Bravo! in tono entusiastico e felice provoca un allegro scodinzolio del proprio amico a quattro zampe.

Ciò ha suscitato la curiosità degli scienziati: cosa succede esattamente nel cervello del nostro animale quando riceve una lode o un complimento? Qualcosa di simile al meccanismo gerarchico con cui il nostro cervello elabora le stesse informazioni acustiche?

Quando una persona riceve un complimento, infatti, la regione uditiva subcorticale (quella più primitiva) reagisce in primo luogo all’intonazione, che è la portata emotiva del parlato; poi, il cervello attiva la corteccia uditiva di più recente evoluzione per decodificare il significato delle parole, che è appreso.

Nel 2016 un team di scienziati ha scoperto che il cervello del cane, come quello dell’uomo, elabora l’intonazione e il significato delle parole separatamente; semplicemente, se l'animale usa l’emisfero cerebrale destro per farlo, noi usiamo quello sinistro. Ma rimaneva ancora un mistero da svelare: per elaborare i complimenti il cervello del cane segue lo stesso processo?

“Si tratta di una domanda importante perché è una specie che non ha la parola ma che risponde correttamente ai nostri messaggi”, afferma Attila Andics, neuroscienziato presso la Eotvos Lorand University di Budapest, in Ungheria, e coautore sia dello studio del 2016 che di uno del 2020 pubblicato sulla rivista Scientific Reports. Alcuni cani, ad esempio, sono in grado di riconoscere migliaia di nomi diversi e di collegarli ad oggetti specifici.

Studiando le scansioni del cervello di alcuni dei nostri amici a quattro zampe gli scienziati hanno scoperto che, proprio come noi, elaborano i suoni delle parole in modo gerarchico: analizzano prima la componente emozionale con la parte più antica del cervello - la regione subcorticale - e poi il significato delle parole con la parte più recente, la corteccia.

Gli autori affermano che questa scoperta approfondisce le nostre conoscenze sull’evoluzione del linguaggio umano. L’aspetto più sorprendente è che i cani e l’uomo hanno condiviso un antenato comune circa 100 milioni di anni fa. Dunque, Andics aggiunge che è probabile che “il cervello di molti mammiferi risponda a suoni vocali in modo simile”. 

I cani sono buoni ascoltatori

I ricercatori ungheresi hanno eseguito gli esperimenti per lo studio del 2020 su 12 cani domestici (sei border collie, cinque golden retriever e un pastore tedesco) di proprietari che vivono vicino a Budapest. Hanno addestrato i cani a entrare e rimanere immobili in un macchinario per risonanza magnetica funzionale (fMRI), dove venivano fatti ascoltare loro messaggi di lode e apprezzamento pronunciati dall’addestratore (come “bravo” e “bene”) insieme a parole sconosciute e neutre (come “se” e “già”).

L’addestratrice parlava in ungherese, pronunciando le parole a volte con un’intonazione entusiastica di lode e altre volte con un tono neutrale. Mentre il macchinario rilevava l’attività cerebrale dei cani in ascolto, le parole venivano volutamente ripetute con diverse intonazioni. 

Inizialmente, all'ascolto delle parole pronunciate le regioni uditive sia della parte subcorticale che corticale del cervello degli animali mostravano una maggiore attività. 

Ma sentendo la stessa intonazione (di lode o neutrale) ripetuta più volte, indipendentemente dal fatto che la parola fosse conosciuta o meno il livello di attività nella parte più antica del cervello diminuiva rapidamente. Questo rapido declino suggerisce che l’intonazione viene elaborata proprio qui. 

Allo stesso modo, ascoltando la ripetizione di parole conosciute il livello di attività nella parte più recente del cervello mostrava una lenta diminuzione, ma lo stesso non accadeva quando venivano pronunciate parole sconosciute. Tale declino dell’attività in risposta all’ascolto di parole note suggerisce che la parte più recente del cervello è coinvolta nell’elaborazione del loro significato.

Lo studio “suggerisce che per il cane è importante sia quello che diciamo che come lo diciamo”, afferma via e-mail David Reby, etologo dell’Università del Sussex, nel Regno Unito.

“È un fenomeno che possiamo dedurre dalla nostra interazione con l'animale, ma è in una certa misura sorprendente, in quanto questo non parla e il suo sistema di comunicazione [abbaiare] non presenta una chiara separazione tra significato e intonazione”.

Cani e uomini: un rapporto speciale

Studi precedenti a quello del 2020 mostrano che molti animali, dagli uccelli canterini ai delfini, pur non potendo parlare usano la subcorteccia per elaborare messaggi emozionali e la corteccia per analizzare segnali più complessi. Le zebre, per esempio, sono in grado di percepire le emozioni nei richiami di altre specie erbivore per sapere se ci sono predatori nelle vicinanze.

Terrence Deacon, neuroantropologo presso l’Università della California, a Berkeley, nota che probabilmente il linguaggio umano si è strutturato a partire da tali segnali, utilizzando gli stessi sistemi neurologici per sviluppare la parola. 

Inoltre, Andics aggiunge che, in quanto animali domestici che si sono evoluti al fianco dell’uomo negli ultimi 10.000 anni, i cani fanno un uso speciale di questa antica capacità di elaborazione delle emozioni umane. 

“Questo spiega in parte perché il loro rapporto con l'uomo è così speciale” e perché a volte riescono a manipolarci con i loro sguardi espressivi. Lo conferma anche un articolo de La Repubblica: le espressioni facciali del nostro animale sono più simili a quelle dell'uomo che a quelle del lupo. Ciò è causato dai muscoli mimetici e dell'allevamento selettivo messo in atto dall'essere umano nel corso dei secoli, che oggi gli permette di comunicarci uno stato d'animo con un semplice sguardo.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato in lingua inglese su nationalgeographic.com.